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Il ministro Messa: il PNRR sia complementare agli strumenti nazionali

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Il ministro Messa: il PNRR sia complementare agli strumenti nazionali.

Presentata al CNR la “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia”.

«Il Pnrr deve essere visto come risorsa complementare agli strumenti, ai fondi, alle riforme nazionali affinché tra cinque anni quello che avremo costruito non sia vanificato. Tutto il piano che va dalla ricerca al business è stato proprio pensato per questo grazie una serie di misure, di procedure, di linee guida, di bandi di finanziamento, ma anche grazie alle riforme, come ad esempio quella sui metodi di valutazione, che devono avvicinarsi il più possibile a quelli europei e internazionali, o come quella per “normalizzare” il rapporto tra pubblico e privato. Non possiamo pensare ai finanziamenti senza legarli alle riforme».

Lo ha detto il ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, alla presentazione della terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia – Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia” al CNR.

«Il punto fondamentale – ha proseguito il Ministro – è vedere il Pnrr in modo complementare alla legge di bilancio grazie, in particolare, ad alcune misure tra cui l’aumento del Fondo di Finanziamento Ordinario per le università (FFO) che, rispetto al 2021, aumenta progressivamente nei prossimi 5 anni fino a diventare stabile con oltre 860 milioni in più, una crescita molto significativa che in parte sarà utilizzata per il reclutamento. Analogamente aumentiamo il Fondo Ordinario per gli Enti di Ricerca. Per il Cnr, che rappresenta il più grande centro di ricerca italiano, abbiamo agito in modo separato prevedendo un piano di rilancio specifico».

«La nostra attività di ricerca – ha aggiunto il Ministro Messa – può oggi contare anche su due nuovi fondi: il Fondo italiano per la scienza, dedicato alla ricerca fondamentale, e il Fondo italiano per le scienze applicate. Ma non dobbiamo perdere di vista i progetti europei: dobbiamo fare in modo che le filiere che stiamo costruendo oggi abbiano un ruolo nelle missioni europee».

«Anche guardando i dati della Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia, si conferma che come mondo della ricerca dobbiamo superare alcune vecchie logiche. Tra queste, l’antitesi fra ricerca di base e applicata: la ricerca deve essere di qualità e finanziata in quanto tale, sia quella guidata da curiosità che quella applicativa, che devono coesistere senza contrapposizioni o trasformarsi l’una nell’altra. Dobbiamo inoltre superare il preconcetto della separazione fra ricerca pubblica e privata, che allontana le imprese con cui gli enti di ricerca hanno sempre attivato collaborazioni, mentre le università hanno conosciuto delle fasi diverse, un gap che va recuperato. L’avere stimolato grandi filiere attraverso i bandi è proprio una risposta in tal senso, senza immettere nuove fondazioni o istituzioni di ricerca, ma facendo rete con quanto di buono c’è già. Dobbiamo capire che se come mondo della ricerca vinciamo questa sfida diventiamo fondamentali per il paese, perché creiamo spin-off, start up, proof of concept, lavoro, opportunità per i giovani. È questa è la vera sfida che abbiamo davanti» ha concluso il ministro.