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Discorso della presidente Ursula von der Leyen alla conferenza sullo Stato dell’Unione

Ursula Von der Leyen

Ursula Von der Leyen

Discorso della presidente Ursula von der Leyen alla conferenza dell’Istituto universitario europeo sullo Stato dell’Unione.

La ringrazio Presidente Dehousse,

Distinti ospiti,

Amiche ed amici,

È un onore per me aprire questa edizione della conferenza sullo stato dell’Unione nella ricorrenza del suo 10º anniversario. Ogni anno, nella settimana della Giornata dell’Europa, Firenze diventa il centro della nostra Unione. E davvero non vi potrebbe essere un luogo migliore di Firenze per celebrare la Giornata dell’Europa di quest’anno.

Firenze è la città del Rinascimento. Il luogo in cui tutto ha avuto origine: un nuovo inizio per le arti e la scienza, all’indomani della grande epidemia di peste del tardo Medioevo. E da Firenze, lo spirito del Rinascimento si è poi diffuso anche nel resto d’Europa.

La storia d’Europa è una storia di Rinascimenti. L’Europa è una storia di nuovi inizi. Ad ogni crisi è seguito un Rinascimento europeo. Ed è di questo che l’Europa ha bisogno anche in questa nostra epoca. Questa è la nostra responsabilità: porre fine alla pandemia e dare un nuovo inizio all’Europa. L’Europa è in grado di superare le crisi e di produrre risultati per il futuro dei suoi cittadini. È proprio di questo che vorrei parlare, oggi, ispirandomi a due esempi concreti: la pandemia e i cambiamenti climatici.

Certo, tutti noi ci ricordiamo bene le domande ripetute incessantemente nei primi mesi della pandemia. Ma gli Stati nazionali non sono forse attrezzati meglio per combattere questa crisi? E la nostra Unione a 27 non sarà troppo lenta a reagire? Le nostre procedure non sono forse troppo farraginose, e i nostri interessi troppo diversi? Ebbene, oggi sono qui per dirvi: l’Europa ha dimostrato che tutti questi dubbi erano infondati. Che un’Unione di democrazie può produrre risultati anche in tempi di crisi, per i propri cittadini e per il resto del mondo.

Pur sotto un’enorme pressione, noi europei siamo rimasti fedeli ai nostri valori. E abbiamo dimostrato che, anche in tempi di pandemia globale, siamo in grado di affrontare con forza le altre grandi sfide del nostro tempo.

Signore e Signori,

Bisogna riconoscerlo. L’Unione europea non è stata pensata per affrontare crisi sanitarie o combattere una pandemia. Ricordo perfettamente i primi giorni della pandemia.  E ricordo l’appello all’Europa che arrivava dall’Italia. Gli italiani chiedevano all’Europa di intervenire. Chiedevano agli europei solidarietà e coordinamento. E avevano ragione! L’Italia aveva ragione. L’Europa doveva intervenire. Ed è proprio quello che abbiamo fatto.

Alcuni Stati membri avevano introdotto divieti di esportazione di attrezzature mediche; altri avevano chiuso le frontiere. Noi, l’Europa, abbiamo ripristinato la libera circolazione delle merci nel nostro mercato unico; abbiamo fatto in modo che i divieti fossero revocati e che le attrezzature mediche potessero arrivare dove erano necessarie. E, cosa ancora più importante, abbiamo deciso di acquistare insieme i vaccini per la nostra Unione.

È stata la decisione giusta, anche se i dubbi non sono mancati, soprattutto all’inizio di quest’anno. Non voglio neanche immaginare cosa sarebbe successo se alcuni grandi Stati membri si fossero accaparrati le proprie scorte di vaccini, e se gli altri – gli Stati membri di medie e piccole dimensioni – fossero rimasti a mani vuote. Pensate alle conseguenze per il nostro mercato interno, per la nostra unità europea. Dal punto di vista economico, con un mercato unico così profondamente integrato, non avrebbe avuto alcun senso. E dal punto di vista politico, la nostra Unione ne sarebbe uscita a pezzi.

Oggi, gli enormi vantaggi che ci ha portato la nostra unità sono sotto gli occhi di tutti. Oggi è evidente che la nostra campagna europea di vaccinazione è un successo. Perché ciò che conta non sono i titoli urlati dai giornali di alcuni paesi nel resto del mondo, e neanche i like sui social media della cosiddetta diplomazia dei vaccini. Ciò che conta è la fornitura quotidiana di vaccini, in costante aumento, per i nostri cittadini e per il resto del mondo.

Permettetemi di citarvi qualche cifra. Finora, nell’Unione europea, sono state distribuite circa 200 milioni di dosi di vaccino – duecento milioni. È una quantità sufficiente a vaccinare più della metà della popolazione adulta in Europa almeno una volta. Né la Cina né la Russia possono anche lontanamente avvicinarsi a queste cifre.

In questo preciso momento, stiamo vaccinando 30 europei al secondo. Questo significa che, da quando ho iniziato a parlare, più di 12 000 europei hanno ricevuto una dose di vaccino. Ormai siamo quasi abituati a sentire queste cifre ogni giorno, eppure l’Europa non aveva mai visto niente di simile: una campagna di vaccinazione di massa su scala continentale.

E questo è stato possibile perché un continente intero si è mobilitato: dai piccoli ospedali ai grandi centri di vaccinazione, la campagna sta andando avanti in ogni angolo della nostra Unione. Attualmente stiamo vaccinando più di tre milioni di europei al giorno. E la campagna di vaccinazione europea accelera ogni giorno che passa.

Per questo sono fiduciosa che raggiungeremo il nostro obiettivo: disporre di dosi sufficienti a vaccinare il 70 per cento degli adulti europei già nel mese di luglio. È un obiettivo simile a quello che si sono posti gli Stati Uniti: ciò dimostra quanto siano ormai allineate le nostre campagne di vaccinazione.

Qualcuno dirà che paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito sono stati più veloci all’inizio, ma io rispondo: l’Europa ha ottenuto questo successo rimanendo aperta al mondo. Mentre altri non hanno condiviso la propria produzione di vaccini con nessuno, l’Europa è il principale esportatore mondiale di vaccini. Fino ad oggi, sono stati spedite nel resto del mondo quasi 200 milioni di dosi di vaccini prodotti in Europa. L’Europa esporta tanti vaccini quanti ne fornisce ai propri cittadini. Per essere chiari: l’Europa è l’unica regione democratica al mondo ad esportare vaccini su larga scala.

L’Unione europea è inoltre pronta a discutere qualsiasi proposta che affronti la crisi in maniera efficace e pragmatica. Siamo quindi pronti a discutere in che modo la proposta statunitense di sospendere i brevetti per i vaccini contro la COVID-19 possa contribuire al raggiungimento di tale obiettivo. Nel breve periodo, tuttavia, invitiamo tutti i paesi produttori di vaccini a consentire l’esportazione e ad evitare misure che possano perturbare le catene di produzione.

Le esportazioni europee vanno in più di 90 paesi, iniziativa Covax compresa. Le forniture vanno ai nostri stretti alleati come il Canada o il Regno Unito. I nostri cari amici britannici hanno finora ricevuto dal continente un totale di 28 milioni di dosi. Ben 72 milioni di dosi sono state spedite in Giappone. E molti altri milioni ai nostri amici di Singapore, del Messico o della Colombia, per citarne solo alcuni. L’Europa è oggi la farmacia del mondo. L’apertura e l’equità sono il marchio di fabbrica dell’Europa nel mondo. E di questo dobbiamo essere orgogliosi.

Nulla di tutto ciò era scontato, soprattutto all’inizio della crisi. Ricorderete che alcuni hanno scelto di isolarsi, altri hanno cercato di sfruttare una situazione difficile per trarne vantaggi geopolitici. Io non ho mai creduto in questi metodi. Se il virus continua a diffondersi in India o in Africa, in Brasile o in Russia, è un rischio grave anche per noi. Si tratta di un terreno di coltura per le cosiddette varianti di fuga immunitaria. Sappiamo che nessuno sarà sicuro finché non saranno sicuri tutti.

E questo vale naturalmente anche per quando si fanno piani per il futuro. Infatti dobbiamo prepararci fin da subito per la prossima fase di questa pandemia. Abbiamo visto che la preparazione e la rapidità sono fondamentali nella lotta ad una pandemia. Avremo bisogno di vaccinazioni di richiamo per rafforzare e prolungare l’immunità. Prima o poi dovremo vaccinare bambini e adolescenti. E dovremo probabilmente adeguare e riprodurre vaccini contro le varianti di fuga immunitaria, per l’Europa e per il mondo. Per tutti questi motivi, dobbiamo aumentare le capacità di produzione qui in Europa.

Sono pertanto lieta di annunciare che siamo prossimi alla firma di un nuovo contratto con Pfizer-BioNTech, per produrre 1,8 miliardi di dosi di vaccini tra la fine dell’anno e il 2023. Seguiranno. E altri contratti seguiranno. Stiamo raccogliendo i frutti del nostro investimento in una tecnologia completamente nuova ma promettente – i vaccini a RNA messaggero – e nell’ingegno di scienziati come Uğur Şahin e Özlem Türeci.

Oggi i vaccini a mRNA sono la spina dorsale della nostra campagna di vaccinazione e costituiscono un elemento centrale della strategia di preparazione dell’Europa. Questa è la nostra polizza assicurativa collettiva contro la prossima ondata di COVID-19. E voglio che l’Europa giochi d’anticipo.

Ma anche il resto del mondo deve giocare d’anticipo. Ecco perché ho proposto di organizzare un vertice G20 sulla salute, che ospiterò assieme al Presidente del Consiglio Draghi a Roma, alla fine del mese. Perché è arrivato il momento di passare dalle soluzioni ad hoc di quest’anno a un sistema sostenibile. Un sistema che funzioni per tutto il mondo, perché i virus non conoscono frontiere.

A Roma vogliamo parlare di cooperazione internazionale nelle emergenze sanitarie e vogliamo coinvolgere le ONG, le fondazioni e la società civile. Nuove alleanze per soluzioni migliori. È vero: essere preparati alle emergenze ha un costo, ma è un costo esiguo rispetto al costo dell’inazione. Il mondo ha bisogno di un nuovo inizio per la politica sanitaria. Il Rinascimento della nostra salute parte da Roma.

Signore e signori,

Questa crisi ha messo a nudo la nostra fragilità. La fragilità della nostra salute. La fragilità delle nostre vite e delle nostre fonti di reddito. Ma oggi stiamo uscendo da questo stato di fragilità con una nuova determinazione. Stiamo cambiando l’Europa, per i decenni a venire. Perché lottando contro questa pandemia, la nostra Unione ha cominciato a fare qualcosa che non aveva mai fatto prima su questa scala.

Con il forte sostegno dei 27 Stati membri, la Commissione europea sta raccogliendo capitali sui mercati internazionali. La nostra Unione potrà quindi investire miliardi nella ripresa comune, di cui abbiamo estremo bisogno, e nelle nostre priorità condivise: investimenti e riforme. Questo progetto si chiama NextGenerationEU e vale 750 miliardi di euro. È il più grande pacchetto di rilancio in Europa dai tempi del piano Marshall, e può dare inizio a un Rinascimento europeo.

Le priorità di NextGenerationEU sono blindate: resilienza del nostro mercato unico, digitalizzazione e Green Deal europeo. Perché anche quando avremo sconfitto la pandemia, la sfida che dovremo ancora affrontare è quella del cambiamento climatico. Non c’è bisogno che io vi parli di desertificazione e di siccità, di condizioni meteorologiche estreme e inondazioni, di perdita di biodiversità e disboscamento. Sì, abbiamo un compito estremamente arduo davanti a noi. I cambiamenti climatici sono una realtà. La scienza non lascia spazio a dubbi. I cittadini europei soffrono già a causa dei cambiamenti climatici.

Ma, ancora una volta, possiamo scegliere. Decidere di non fare nulla, pagandone il prezzo, o agire. Io scelgo la seconda opzione. Non sarà facile: avremo bisogno di mettere in campo tutta la nostra inventiva, la nostra perseveranza, i nostri investimenti e il nostro coraggio. Ma abbiamo il compito e la responsabilità di farcela – insieme. Sono convinta che possiamo raggiungere i nostri obiettivi.

Siamo determinati a diventare nel 2050 il primo continente a impatto climatico zero grazie al nostro Green Deal. In occasione della conferenza internazionale sul clima, nella Giornata della Terra, ho toccato con mano la forza del nostro messaggio. Con la sua ambizione in materia di clima, l’Europa sta chiaramente assumendo un ruolo guida. È gratificante constatare che altri ci stanno seguendo. Sud Africa, Corea del Sud, Giappone e Cina, per citare alcune delle principali economie. Tutti stanno imboccando la strada che porta a un futuro a zero emissioni nette. Ed è particolarmente incoraggiante che gli Stati Uniti, con il presidente Biden, abbiano aderito nuovamente all’accordo di Parigi.

Sì, le promesse non mancano. Ma ora devono essere tradotte in azioni concrete e in obiettivi misurabili. Si può affermare che qualcosa è stato fatto solo nella misura in cui è possibile misurarlo. E anche qui l’Europa è all’avanguardia. Abbiamo appena deciso di ufficializzare i nostri impegni con la prima legge europea in assoluto sul clima. Prima dell’estate presenteremo poi un’ampia gamma di proposte legislative, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030. Il nome di questo imponente pacchetto è “Fit for 55”. Le proposte vanno dal rafforzamento del sistema per lo scambio delle quote di emissione alle energie rinnovabili, come l’idrogeno pulito, fino alla definizione di regole chiare per la finanza verde – per citare un esempio.

Al pacchetto si affianca NextGenerationEU, il nostro massiccio piano di investimenti per la ripresa. Un terzo di NextGenerationEU finanzierà il Green Deal europeo. Quindi abbiamo una strategia, abbiamo le leggi e abbiamo le risorse. E abbiamo anche fretta, sia a livello nazionale che, sempre più, a livello globale. Invitiamo i nostri amici americani a unirsi a noi per compiere questi ulteriori passi concreti in direzione dell’azzeramento delle emissioni nette. Creiamo insieme una forte alleanza transatlantica per la neutralità climatica entro il 2050!

Signore e signori,

A pochi chilometri da Firenze c’è un piccolo paesino dal nome di Barbiana. E a Barbiana, su una collina, c’è una piccola scuola di campagna.  Negli anni 1960 un giovane maestro, Don Lorenzo Milani, scrisse due semplici parole, in inglese, sul muro di quella scuola: “I care” (“Me ne importa, mi sta a cuore”). Disse ai suoi studenti che quelle erano le due parole più importanti da imparare. Dire “I care” vuol dire prendersi le proprie responsabilità.

E quest’anno milioni di europei hanno detto “I care” con le loro azioni. Hanno fatto volontariato. Hanno dato una mano a un vicino che aveva bisogno di aiuto. Oppure, più semplicemente, hanno indossato una mascherina per proteggere chi gli stava accanto. In quest’anno di pandemia – e in futuro – questo dev’essere il motto anche dell’Europa: I care, we care. Questa è la lezione più importante di questa crisi, di cui spero potremo far tesoro. È una lezione sull’Europa. Europa è prendersi cura dei più deboli tra noi. Prendersi cura dei nostri vicini. Prendersi cura del nostro pianeta. Prendersi cura delle generazioni future.

Ecco perché domenica, in occasione della Giornata dell’Europa, apriremo ufficialmente la conferenza sul futuro dell’Europa. Gli anni a venire saranno ancora una volta un periodo decisivo per la nostra Unione europea: il prossimo Rinascimento europeo. E il valore dei risultati della conferenza sarà quello delle idee e delle visioni delle persone come voi.

Conto sulla vostra partecipazione! Viva l’Europa, e grazie per l’attenzione.

Testo e immagine: cortesia Commissione Europea