Il Pontefice: “violenza verbale, psicologica, abuso di potere, chiacchiere, fanno tanto male e distruggono tanto”.
Così Papa Francesco nell’udienza alla Curia per gli auguri natalizi, è tornato a parlare di un tema a lui caro, e che è purtroppo una carenza anche di esponenti del clero.
Parlando della necessità di realizzare una vera cultura della pace, guardando a ciò che accade ad esempio nella “martoriata Ucraina”, e a molti altri conflitti che tormentano il mondo, ha spiegato che “la guerra e la violenza sono sempre un fallimento”, e che “la religione non deve prestarsi ad alimentare conflitti”. Perché Gesù, come scrive il profeta Isaia, è “Principe della pace”, e il Vangelo “è sempre Vangelo di pace, e in nome di nessun Dio si può dichiarare santa una guerra”.
Allo stesso tempo, dove vediamo “morte, divisione, conflitto, dolore innocente, lì noi possiamo solo riconoscere Gesù crocifisso”. Dobbiamo cercare quindi di realizzare la pace, che però posso ottenere solo i popoli e le nazioni. E che “comincia nel cuore di ciascuno di noi”, quando cerchiamo di liberarci da “odio e risentimento” verso “fratelli e sorelle che vivono accanto a noi”.
“Se è vero che vogliamo che il clamore della guerra cessi lasciando posto alla pace – afferma Papa Francesco citando San Paolo – allora ognuno inizi da sé stesso. San Paolo ci dice chiaramente che la benevolenza, la misericordia e il perdono sono la medicina che abbiamo per costruire la pace”.
Benevolenza: relazionarsi con le altre persone negando ogni forma di violenza.
La benevolenza, prima medicina, spiega il Papa, significa “scegliere sempre la modalità del bene per rapportarci tra di noi” rinnegando ogni forma di violenza. Attenzione, perché “non esiste solo la violenza delle armi”: ci sono altre forme di violenza, “che fanno tanto male e distruggono tanto”: sono “la violenza verbale, la violenza psicologica, la violenza dell’abuso di potere, la violenza nascosta delle chiacchiere”. Anche queste sono armi, che dobbiamo ugualmente di fronte a Cristo, “Principe della Pace che viene nel mondo”.
Soprattutto, e qui è ovvio il richiamo ai sacerdoti e agli altri esponenti della Curia, nessuno deve approfittare “della propria posizione e del proprio ruolo per mortificare l’altro”.
Misericordia: accettare le persone con i propri limiti.
La seconda medicina, la misericordia, spiega il Pontefice vuol dire “accettare che l’altro possa avere anche i suoi limiti”. Certo, “anche in questo caso” è giusto riconoscere, che non vuol dire giustificare “che persone e istituzioni, proprio perché sono umane, sono anche limitate”. Così come “una Chiesa pura per i puri è solo la riproposizione dell’eresia catara. Se così non fosse, il Vangelo, e la Bibbia in generale, non ci avrebbero raccontato limiti e difetti di molti che oggi noi riconosciamo come santi”.
Perdono, che non vuol dire rinunciare alla Giustizia.
L’ultima medicina è il perdono, che non significa dimenticare il male ricevuto, o tollerare qualsiasi ingiustizia. Significa “concedere sempre un’altra possibilità, cioè capire che si diventa santi per tentativi”. In questo stesso modo Dio si pone con noi noi, “ci perdona sempre, ci rimette sempre in piedi e ci dona ancora un’altra possibilità”. Così deve essere anche per i fedeli, che non devono stancarsi di chiedere perdono a Dio, che “non si stanca mai di perdonare”.
Solo attraverso il perdono è possibile estinguere davvero ogni conflitto, e non trasformare la doverosa giustizia in vendetta, e evitare che l’amore sia considerato “solo come una forma di debolezza”.
Il Papa ricorda che “Dio si è fatto bambino, e questo bambino, diventato grande, si è lasciato inchiodare sulla croce”. E che non esiste situazione “più debole di un uomo crocifisso”. Ma è proprio in tale debolezza che si manifesta “l’onnipotenza di Dio. Nel perdono opera sempre l’onnipotenza di Dio. La gratitudine, la conversione e la pace – auspica Papa Francesco – siano allora i doni di questo Natale”.
Fonte Canale Fede e Ragione – Il Papa: no a violenze psicologiche, abusi di potere e pettegolezzi malevoli.